DOPO IL 22 MARZO

METRO’ 22 MARZO

Mente vuota, sgombra di qualsiasi visione. Non vi è né speranza né paura. Ma basta, in tutto questo l’ISLAM non c’entra niente. Cosa vuol dire? Che quando a suo tempo ci fu la strage di Via Fani i comunisti, tutti, volevano quello? E tutti i comunisti volevano l’uccisione di Moro? E di Biagi? Che tutti i comunisti, dico tutti, volevano Marco Biagi morto? No! Quelli erano solo criminali terroristi, non comunisti. Bene, ci propinano che non è questo il momento di piangere di più “i morti di casa propria”, e non è il momento per dire ma prima, ma allora dopo, ma adesso, ma poi, ma quelli, ma tu, e bla bla bla…
Ma forse è anche umano lasciarsi crollare dopo aver visto coi nostri occhi i brandelli zeppi di sangue coi nomi tale e quali ai nostri e non così incomprensibili. Una cosa che si perpetuerà nel futuro, che basta allungare la mano si tocca. E’ umano aver timore dello zaino lasciato al sedile accanto.
Ci deve essere un passaggio dentro e nel mezzo, non più segreto, che dice che un Dio che può tutto in realtà non esiste, perché dopo aver visto la macellazione di corpi da una bomba, come può permettere questo strazio?
Ma ho bevuto nelle tazze scottanti di the. Mangiato nello stesso piatto il loro riso, gambe incrociate. Ascoltato le loro battute. Stata ai loro scherzi. Invidiato il loro rilassarsi. Pizzicato con indice e pollice il pesce dall’unico piatto. Mi sono fatta baciare quattro volte. Guardato i loro telegiornali senza censura al momento delle prime scintille della Primavera Araba. Ho litigato vociando in casa loro. Ma sono stata abbracciata e calmata con un pranzo sulla stuoia. Mi hanno portato tutte le mattine la colazione e un sorriso. Mi hanno portato sul palmo della loro mano come una cosa intoccabile da salvaguardare, anche quando il megafono chiamava. Appoggiato la guancia sulla fronte. Mi hanno chiesto scusa per esser sé stessi. Mi hanno insegnato ed io ho imparato. Ho imparato la compassione, la calma, l’abitudine. Mi hanno insegnato a comprendere anche davanti alle frustrazioni. Il senso della famiglia. Ho imparato che chi si inginocchia davanti a un terriccio s’inginocchia dinanzi la porta del Paradiso. E no, non c’è spazio, modo, non c’è proprio tempo per pensare a curare l’educazione dell’odio.
Non ho fede, io non ho un credo, Dio non esiste io ne ho la certezza, ma rispetto chi invece a dispetto di quest’era moderna, moderna anche nel combattere, ci crede ancora.

23/03/2016

2 pensieri riguardo “DOPO IL 22 MARZO”

  1. Mi dispiace che tu abbia solo appreso: sarebbe stato più equo che tu avessi anche insegnato loro ciò che di bello esiste nella nostra civiltà, nel nostro modo di consumare il cibo, nel nostro modo di baciare, nel nostro modo di pregare (anche se tu non credi, ma loro sì), nel nostro modo di pensare alla bellezza e all’arte.

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