23/11/22

Ancora solo due mesi, da quando è cambiato tutto. Da quell’orribile 23/11/22. Ora analizziamo questa data: 23 è il giorno di quello che tu consideravi “Tuo figlio maschio” Mahmoud, l’11 è il giorno della nascita di Giusy, il 22 è il mio numero. Appena hai spiccato il volo, qui a casa si sono rotte delle cose: il bidoncino della spazzatura quello bellino, il coperchio della saliera, il fon. Come direbbero le tue nipotine “è un segno”! Ora so cosa voglio: voglio tornare a pensare come pensano i bambini, che fanno pensieri semplici e pregni di significato. Quando vorrò contornarmi di persone sensibili, saprò dove e a chi stare vicino. Quando sentirò che lì mi fanno stare a disagio allora non ci starò più. Come facevi tu: senza farti troppi problemi. Seguivi il tuo istinto e le tue intuizioni. Ho capito che quel che manca di più alla gente è L’Empatia! Che proprio non ce la fanno a mettersi nei panni dell’altro. Beh, io so che, chi manca di empatia è una persona con personalità psicopatica, che dovrebbe farsi seguire da uno specialista bravo. D’ora in poi sappi, che non sprecherò più il mio tempo (quello che rimane) a mischiarmi con chi non sa parlare (o tacere) cogli occhi.

BRUTTO CARATTERE

( 23 del mese )
“BRUTTO CARATTERE”

Che vi piaccia oppure no sentirlo, lei quella notte aveva la carne coriacea! Consistenza della materia del cuoio. Dura come una bistecca prima di essere cucinata. Il primo e il secondo strato di pelle era tiglioso, non riusciva ad afferrarlo col pollice e l’indice. Pizzicotti a vuoto. Ma s’incaponì e ci riprovò una, due, tre volte, era come cercare di afferrare tra le dita la superficie di un tavolo. Eppure quelle parole “Provi a dare dei piccoli pizzicotti al collo per vedere se riapre gli occhi”, le risuonavano come un rimbombo nel tunnel della sua mente. I minuti passavano anche senza che lei li vedesse scorrere nell’orologio grosso al muro di fronte. Non li teneva d’occhio ma li sentiva velocizzare dal tumulto del cuore. Uno scorrere del tempo di un’altra dimensione.
“Allora, provi a far così, provi a dare dei piccoli pizzicotti al collo per vedere se riapre gli occhi” non sentendo risposta l’operatrice al telefono, continuò stavolta con voce più forte, voleva catapultarsi dal cellulare in quel pavimento, voce razionale ma quasi preoccupata: “Pronto? Allora? C’è ancora? Che mi dice, gli occhi li riapre? Altri movimenti?”
“No, uhmm no no, io qui vedo che…”
“Che? Guardi che se non vede più muovere il petto, su e giù, le devo spiegare le manovre di rianimazione artificiale”
“Eh? No, no, anzi il petto si muove tantissimo, respira eccome! Mi sono spiegata? È questo il punto, sembra che dorma, come, come se… russasse! Ecco ecco la sta sentendo? Sente sente? Respira, russa, dorme, gli occhi cavolo però non li riapre…”. Poi riavvicinò le dita al collo che cercava con tutte le sue forze di tener su, per dare altri pizzicotti, uno, due, tre, ma niente, gli occhi erano sempre serrati, blu, immobili senza dar il ben che minimo movimento. La cosa strana era che la gamba ogni tanto oscillava d’impulso, il petto era agitato, il russare sembrava una parvenza di vita, ma gli occhi erano come cuciti col filo blu.
Poi d’improvviso un rumore tipo gorgoglìo dallo stomaco, venir piano piano su, fino ad uscire dalla bocca, anch’essa serrata, come se fosse disegnata dalla punta di un pennarello fine. Pareva dovesse uscir fuori chissà che, dal rumore di rantolo, invece uscì lentamente un rivolo di sostanza semisolida, colore scuro.
“Ma che? Oddio sta vomitando! Aspetti sento che sta quasi soffocando dal suo vomito, fa tipo bolle, aspetti cerco di rigirarla, oddio ma è pesantissima, non ce la faccio, aspetti cerco! Ecco, ecco, l’ho messa sopra di me, tipo a sedere, il viso glielo sto tenendo girato di lato… ma è duro, non si vuole girare! non so sento tipo… come se la mollassi si rimette rigida e può soffocare… Ma cos’è? Oddio cos’è?”
“Cos’è cosa? Me lo descrivi?”
“Sta uscendo dalla bocca una cosa nera, uhmm no marrone scura, forse sta vomitanto il caffè? Sa lei beve tanto Orzo la mattina a colazione, forse è l’Orzo? Secondo lei?”
“Non lo so… ah è una roba scura? Ah no io così per telefono non saprei dirle… Comunque mi stanno comunicando che l’ambulanza è già quasi sotto casa vostra, solo che non riescono a trovar bene il numero civico”; e la linea telefonica s’interruppe bruscamente.
La giovane donna iniziò a tremare seriamente, si sentiva terrorizzata. Sapeva che la cosa era sempre più grave. In maniera meccanica si concentrava soltando a prenderle quella pelle bluastra del collo, senza successo però, non era pizzicotto che le veniva bene! Piano piano stava realizzando che pure la mano era chiusa in uno strano pugno, con le dita secche, fredde, disidratate di sangue. Ormai era passata più di mezz’ora da quando era accaduto tutto. Le avevano detto al telefono parole chiavi tipo: “se non respira deve farle la rianimazione. Massaggio cardiaco. Se non risponde vuol dire che non è vigile. Arriviamo subito!” E invece si sentiva persa, tremendamente sola e responsabile.
Il cellulare si illuminò squillando. L’operatrice del 118 l’aveva richiamata per fortuna. Perché lei si sentiva bloccata.
“Pronto? Com’è la situazione lì?”
“Menomale mi ha richiamato lei! Non sapevo cosa fare. La situazione è esattamente come poco fa:dorme, non si sveglia, do colpetti alla guancia, ma non riapre gli occhi, ha continuato a vomitare questa roba marrone quasi nera, sto cercando di non farla soffocare, ma proprio non mi spiego perché non intende svegliarsi!”
“Mi stanno dicendo se lì con lei c’è qualcuno, se può scendere giù ad aprire la sbarra condominiale?”
C’è mia figlia qui con me, ma no no, ha solo 10 anni, è buio giù, boh ok scendo io! Tu rimani qui, tienila girata così, ti prego forte, se no soffoca… Arrivo più presto che posso!”

Promesso

“PROMESSO”

Ora torna.
Cammino con una ciabatta e una no.
Senza importanza.
Torno all’indietro.

Alle volte scordo che non ci sei
ma poi apro la porta, come oggi.
Avevi scelto bene la Tua camera,
mobili magici, pieni di fascino
oggi giorno sono così impersonali
insignificanti e banali,
questi sono piacevoli da strofinare
così pieni di nascondigli,
pieni di bellezza.

Impermeabile verde, ombrello azzurro
con elastico, c’è dal lontano marciapiede
da quassù al quinto piano.

Lei sta tornando ora.
L’ho vista.
Pupilla vigile, attenta,
la chiave, il rumore, l’interruzione.
È sempre stata così.
Quello che c’è dal mio balcone:
io e Riccardo appoggiati a fumare
lei con l’ombrello azzurrino
ritorna e accende i suoi fornelli
per fare un fiocco di carne.

Ho ripercorso all’incontrario.
Ora è qui.
Non ho preso il ritmo.
Quello che mangio non so.
Senza un piano e una meta.
Quel giorno le ho sbagliate tutte.
Corro al contrario.
Non so se c’è il pane oppure no.
Cosa c’è per stasera?
D’ora in poi, quello che so è
che non ne sbaglierò neanche una.

Pensavamo fossi eterna

“POESIA ETERNA”
( PENSAVAMO FOSSI ETERNA…)

Borsa, ovale piccola nera,
é sempre là, nell’angolo, accanto alla finestra chiusa.
Vaso, antico coi due manici,
un mosaico raccattato, davanti al quadretto infantile.
Sedia, non c’è più davanti al comodino,
misericordia di un passo alla volta, la madonna col serpente.
L’armadio grande dove da piccola vedevo
gnomi e folletti nascosti nell’ultimo riquadro in alto,
pronti a spaventarmi di notte, fino a che dormivo da te.
Tutto è ancora com’è.
La cera di cupra, odora di un profumo agrodolce,
come quando riponevi le calze sui piedi del letto.
Gelo, riscaldamento a uno,
stanza non come piaceva a te, i foulard tuoi in un’altra dimensione.
Le gocce d’acqua le ho riasciugate ogni mattina,
ho messo a terra la pezza verde,
congelata come l’ultima ora.
Tua poltrona, spostata dal solito posto,
ho pulito a terra ma le macchie di sangue non vanno mai via.
Ora ci dorme la tua amica micia.
Tutto è ancora com’è.
Non c’è fretta, non si sta per perdere nessun treno stavolta,
da questo viaggio non ti aspetto per l’ultima pasta.
Da quando il 9 Novembre la tua porta è sempre aperta,
la gatta non entra più ossessivamente.
Mantiene il rispetto.



23/11/2022 Arrivederci Fifuzza

No, non ho più vent’anni
e so che questa è la vita mia
No, non lo so se mi ami, no, ma so che fine è la mia
Siamo angeli, già, con un Dio così grande che dà quel minuto di più
No! ho paura, MAMI, stringimi, non guardare giù
Che sarà, che sarà, che sarà
Siamo soli ma che sarà
Mi stringo a me come, come se fossi te
E non finisse mai, è così, è così
È così stare al mondo e no, non è qui NON E’ MAI STATO QUI,
non è questo il posto per noi
Quei ragazzi a vent’anni che bruciano fiammiferi, sì
Noi, quelli là che a vent’anni da soli, nelle mani di chi?
Noi che moriamo soltanto perché “Sennò che vita è la mia?”
Noi che nasciamo quaggiù e non sappiamo cosa la vita sia
Che sarà, chе sarà, che sarà
Siamo soli ma’ che sarà
Mi stringo a me comе, come se fossi te
E non finisse mai, è così, è così
È così stare al mondo e no, NON E’ QUI
Non è mai stato qui, no non è questo il posto
Immagina COM’é ESSERE SOLI AL MONDO,
no a noi stanotte ci fa ridere e moriremo un giorno noi
Narana, narana, e moriremo un giorno noi
Narana, narana, e rideremo un giorno
Che sarà, che sarà, che sarà
Siamo soli ma che sarà Mi stringo a me come,
come se fossi te E non finisse mai.

Una volta tanto tempo fa, vi era una piccola scugnizza, danzatrice su fili elettrici, adesso vi sono solo terre lontane da raggiungere in Porsche Carrera, cappotta scoperchiata, niente stereo alto, niente sigarette nel cruscotto, niente lattine verdi smeraldo dietro a tintinnare, niente ripensamenti.

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