INIZIO DELLA PAGINA BIANCA

NUOVA ROMANTICHERIA

Hai “quasi” fatto ammenda.
Riflettici, perché abbiamo riesumato un amore. Sotto e poi sopra.
È giusto fare solo quel che è meglio per te. L’odore di Santo Spirito mi si apre ogni volta per la prima volta. Grazie. “Bisogna fare quello che ci si sente di fare” hai sempre detto, facendo in modo d’insegnarlo come Bibbia. Dentro e all’interno.
Soccombere ad una piccola luce nell’inferno, quando hai detto “no questa sigaretta non te la do”.

Abbiamo fatto ammenda.
Ho riflettuto per oltre dieci anni questo amore riesumato. Ma non potremo mai sopravvivere. Lo abbiamo afferrato come si
afferra un quadro che sta per cadere a picco. Lo fai e basta.
Un giorno di festa così poco convenzionale, “io e te” tutti i giorni.
Non te la darei mai indietro la clavicola, perché ormai sei anche lì. Spalla destra, ci sei.
Sei nelle ossa, nel vento, nel mio passato, in tutto quello che andrò a combinare. Poi sottosopra.
Non ti negherei di voler chiedere indietro almeno lo zigomo. Altro che musica. La scapola sinistra.
Sei nelle ossa, nel vento, nel mio passato, in tutto quello che andrò a combinare. Poi sottosopra.
Mi sei entrato dentro nella tibia piccolo pezzo di vetro, e le macchine non si fermavano.
Non te lo ridò indietro il mio scheletro, che sei lì dappertutto. Di lato, nel salotto, in cameradaletto.
Hai “quasi” fatto ammenda.
Dopo oltre dieci anni, finalmente scrivo di te. Perché questa cosa irrequieta si è depositata come polvere bianca, in quella che tu chiami “senza testa”. Sappiamo di essere eterni bambini emotivi.

– Bisogna fare sempre quello che veramente si vuole fare -.

– Vorrei chiamare mia figlia Zoe un giorno -.

– Sarà femmina? Hai già deciso? Perché Zoe? Bello Zoe! -.

– Perché è il primo posto dove mi hai offerto la birra dopo il lavoro -.

– Se avremo un cane lo chiameremo Zoe, va bene lo stesso? -.

– Io lo voglio bianco come una nuvola. Voglio un maremmano -.

Hai lavorato bene la scatola di cartone bagnato del mio cuore.
Hai oltrepassato gli ostacoli del paradiso perché la divinità più suprema era il principio della nostra storia. Era più di tutto. Era più delle nuvole. Più dell’allegria. Più del pensiero d’amore.
Ovviamente il sangue, quel fiume di vino nelle vene, non te lo puoi bere, che sei finito pure lì. Abbiamo fatto un viaggio insieme; ce lo siamo meritato un sacco; ci siamo prestati i sentimenti più puri e siamo andati avanti. Abbiamo scoperto territori; abbiamo scoperto deserti pieni di oasi.
La parola Noi, Noi, Noi, non ha mai avuto senso più di allora. Eravamo una cosa sola. Eravamo in cammino dentro boschi vergini. Sempre in viaggio, e quello più pericoloso è stato quello dentro di Noi. Mano nella mano via, lontano, tutti nudi, tu con solo la cravatta e Il Giornale, ed io con indosso solo gli anfibi. Tu con la macchina fotografica, e la mia maglia a rete nera in primo piano. “Forse” hai ancora tutto.Riflettiamoci, abbiamo fatto Il Viaggio dentro Noi. Sotto e poi sopra.                            MEARò