TO BE CONTINUED

IL CIELO IN UNA STANZA

Sotto un tiepido sole ghiaccigno, e una fila d’ingorgo interminabile sulla Lastra a Signa-Scandicci, Elsa s’immise svoltando a destra poi a sinistra, fino a mezz’ora di fermo immobile, picchiettando nervosamente i polpastrelli sul cambio senza fare rumore, causa unghie cortissime. Assolutamente non alla moda. Una volta terminato il traffico causato da quel malefico incrocio, arrivò sgommando sotto casa di Magda. Scampanellò.
– Hey hey hey ok accomodati. Dimmi qual buon vento?-
– Magda ascolta dobbiamo parlare.- Prese un bicchier d’acqua dal solito ripiano, si sedette poi di scatto si rialzò come conseguenza ad un’energia inquieta. Era inusuale vederla in quel modo elettrico, solitamente Magda era quella isterica, un po’ melodrammatica, famosa per l’impulsività e l’aver provato sulla sua pelle tutte le cose che, la sorella aveva letto sui libri universitari, teorici. Elsa era stata fin da piccola additata come la giudiziosa, capace di far buon viso a cattivo gioco. Contare fino a 100 prima di rispondere alle provocazioni. La razionale, la dottoressa della famiglia, la ragioniera della famiglia, l’avvocato di famiglia, quella che s’intendeva di scartoffie insomma. La studentessa da 110 e lode! Invece ora era confusa, andava su e giù per quella seggiola. Non sapeva se stare ferma o camminare avanti indieto per la stanza. Tutta paonazza nelle gote.
– Poco fa, poco fa ho rivisto la ma… mamma… insomma quella cosa…- fece versando tanto così di acqua sul tavolo fino a rimbalzare per terra.
– Me l’immagino, è parecchio che qui sento come un torpore strano… una temperatura freddina, ecco soprattutto lì, in salotto, appena si va di là, si vede il fiato sbucare fuori dalla bocca come quando scende la brina sai –
– Ok, ma dicevo, prima è venuta da me, e mi parlava, la vedevo chiaramente come te! Come adesso vedo chiaramente te! Faceva il dolce, cioè faceva così col cucchiaio di legno e sbatteva le uova, poi tutto d’un soffio ha tirato fuori dal forno il dolce bell’e finito! Lo stava facendo prima Tosca, poi è uscita, e… ed è comparsa Lei! E lo ha finito lei.-
– Ah bene, menomale, quindi hai avuto “un’aiutino dall’alto”, ehm, ehm, il solito aiutino, quindi? –
– No eh quindi, quindi il problema è che mi parlava, e parlava e parlava, e mi ha detto di seguire di più la mia ragazza e io sono una madre difficile con cui abitare e che, non deve esser facile aver a che fare con me…- in quel mentre Magda tossì ridendo.
– E poi la cosa strana, è che quando è tornata Tosca, la mamma era ancora lì ma Tosca non la vedeva… ha beccato solo me che parlavo rivolgendomi al v-u-o-t-o! -. A quel punto Magda fece un ghigno soddisfatto, un bagliore le si piantò in volto, le iridi brillavano.
– Mi stai dicendo che la mamma la vediamo tutti tranne Tosca? – fece tossendo ancora.
– Sì sì, già, ora sono venuta qua, mi vergognavo, quasi mi stava prendendo per vecchia rimbambita. Dovevamo andare ad un pic-nic… ma è andata da sola, io sono scappata, non so nemmeno di preciso cosa raccontarti… ma c’è qualcosa…- si fermò un istante a riflettere:- C’è qualcosa però che…- si fermò un’altra volta, portandosi il dito tra bocca e mento, per concentrarsi:- C’è qualcosa che mi ha detto il fantasma… cioè la ma… cioè il suo spirito dai, che mi ha colpito…-
– Cioè cosa? Pensi che ti abbia voluto dire qualcosa d’importante? –
– Bah non so, non lo so! -. Poi Elsa si alzò lentamente, camminò verso la camera da letto di quella che fino ad un mese fa era stata la camera della madre. Si portò tutte e due le mani alla testa, si mise a piangere. La mancanza era indescrivibile. Aveva la sensazione di essere orfana. Sola in mezzo al mare. La tristezza infinita di sapere che fino alla fine dei giorni avrebbe dovuto vivere senza il conforto di una parola materna. Il groppo in gola, per la consapevolezza di dover arrancare giorno dopo giorno privandosi del bacino sulla guancia mentre sull’uscio di casa si salutavano senza troppe cerimonie. La presenza fisica era del tutto sparita. Come un orfano viene abbandonato davanti un orfanotrofio, così adesso doveva convivere con quella sensazione.
La sorella la raggiunse timidamente, poi ad entrambe parve di aver visto una coda enorme color arancione con la punta bianchiccia, fuori della finestra, dal basso venire sù, come quando un panno steso viene agitato dal vento e sbatte contro i vetri della finestra. Ma non era possibile! Una coda grossa, sembrava di una volpe! Cosa ci poteva essere lì fuori? Loro che abitavano al quinto piano! Era praticamente impossibile che fosse un animale vero! Una volpe vera! E come sarebbe potuta arrivare fin lassù? Entrambe all’unisono urlarono, si abbracciarono, ma non riuscivano a staccare lo sguardo dalla finestra.
– L’hai vista pure tu?- strillò Magda avvinghiata alla vita, stritolando più non posso il braccio della sorella, mentre le scendevano goccioline di sudore freddo nelle tempie.
– S-sì… cioè, tu cosa credi d’aver visto? –
– Ho visto una coda grossa, ho proprio visto una coda di volpe! – “Volpe” lo dissero contemporaneamente, allora era inequivocabile: non era solo un’allucinazione di una delle due, ma fuori c’era proprio qualcosa. Lì sospesa in una finestra al quinto piano d’un anonimo condominio.
– Vai vai, vai prima te –
– No, perché proprio io? Vai te a vedere…-
– Co-cosa?…- Magda non ne voleva proprio sapere di staccarsi dalla presa, tremava spaventata, ancora non si era abituata della presenza di spiriti e streghe o cose magiche in casa, anche se era già da un po’ che le si presentavano davanti.
Mentre rimanevano abbracciate, scioccate, in mezzo di stanza, ad un certo punto udirono rumori strani provenire dal corridoio. Prima uno sbattere nei pressi della sedia, poi qualcosa che batteva sulla libreria in corridoio. Udirono Jisella la gatta, cadere dalla sedia dove era acciambellata, sbattere da una parete all’altra dello stretto corridoio, poi andar giù in trance, ed iniziare a contorcersi come fanno le anguille quando gli tagli la testa, oscillano impazzite fino ad esalare l’ultimo respiro. Allora corsero a vedere in corridoio cosa stesse combinando la gatta, rimasero a bocca aperta: pareva una lepre per terra che si contorceva in piena crisi epilettica, rigurgitando un liquido inodore, esattamente come fa una lepre quando riceve un paio di colpi in testa, e sta lì e si agita prima di morire. Invece di morire, piano piano si rialzò, col pelo sotto al muso tutto bagnato, e le zampe si trasformavano lentamente in zampe grosse. Con unghie più sporgenti, più grandi e più appuntite, come quelle degli orsi. Il pelo si fece chiaro quasi d’un colore biondo, con la pancia bianca; i baffoni crescevano a vista d’occio. La coda piano piano si stava trasformando in quella coda che avevano visto prima fuori dalla finestra: in coda di volpe. Grande, vaporosa, arancione!
– Oh dio santo… chiudi la porta, via via via! – fece Magda terrorizzata.
– Non lo so aspetta, cerchiamo di capire che sta succedendo? –
– Cosa deve succedere? Cazzo io me ne vado! Ho paura! –
– Non riesco a muovermi, non vorrai lasciarmi qui da sola? –
– A momenti devo andare a prendere la bambina a scuola, come faccio a passare ora? – stava per farsi prendere da una crisi isterica, quando il gattone raggiunse la dimensione di loro due, iniziò a ridere. Voce inequivocabilmente umana. Magda stupefatta lo guardò dritto negli occhi e sbottò – Cos’hai da ridere? Fammi passare eh… da bravo… fai passare devo andare a pprendere mia figlia… eh, fai il buono, ecco, bravo…-
– No! Aspetta! Zitta un attimo.- Disse il gattone.
– Eh? – all’unisono le sorelle gridarono e istintivamente si ritirarono nella camera e chiusero la porta a chiavi. Ma la camera si era trasformata in un posto inspiegabile. Pieno di lucine piccoline, magiche lucciole pazzerelle volavano, si accendevano e si spegnevano. Il lettone non vi era più, ma nel mezzo c’era un enorme albero spoglio, privo di qualsiasi fogliame, con centinaia di radici che si aggrovigliavano per terra, alcune cicciotte altre sottili come elastici, senza vedere dove finissero. La parete di fronte era diventata tutta blu, con delle onde magnetiche circolari, il blu si andava ad intensificare col resto del soffitto fino a dar l’impressione di essere uno strampalato cielo, un sentimento di pace ed uno di svenimento; da lì si potevano udire suoni di mani giganti con unghie giganti, un grattare nel soffitto-cielo notturno, sino a dar loro la sensazione di essersi catapultate in un bosco all’aperto. Un bosco stravagante zeppo di streghe, figure nascoste. Il micione abnorme comparve lì attraversando la porta.
– Non devi avere paura Magda. Non devi avere paura Elsa – disse:- Sono sempre io – fece avanzando con quella coda di volpe arancione.
– Sono io, sono io, non dovete temere, non vi vorrei mai torcervi un capello. Sono qui intrappolata in questa vita terrena, non riesco a salire su quell’albero. Vedete? È lì che ci sono i miei antenati, i miei cari. Ma non riesco a salire su quei rami lì, perché c’è come una barriera che mi rimbalza e mi riporta qui,- il gattone rivelatosi Ninfa, fece subito calmare le due, e cominciavano ad accettare il fatto che la loro madre le stava parlando da un’altra dimensione, e che non se n’era completamente andata via. Allora Magda, famosa per rischiare sempre decise di avvicinarsi, di toccare quella pelliccia così soffice, così profonda.
– Mamma, mamma sei tu? – disse abbracciandola, sprofondando come s’abbraccia un vecchio peluche. – Mamma io non volevo che te ne andassi quel giorno -.
– E c’è bisogno di dirlo? – si fermò un attimo, indietreggiò, poi rise di nuovo.
– Sento qui un contatto più estremo, diciamo diverso, non come quando si è vivi, il contatto qui è più profondo –
– Dici? Saremo sempre in contatto? – domandò tremando Magda.
– Saremo sempre in contatto – rassicurò Ninfa muovendo il muso felino paffuto, passandosi anche una zampa sopra i baffoni fattosi a quel punto, veramente grandi.
– Mamma mi spiace che non ho risposto in tempo al telefono quella maledetta sera, se potessi tornare indietro non mi farei trascinare al cinema dalla mia famiglia…- esclamò emozionata Elsa, poi riprendendosi subito, accortasi della stronzata appena detta, disse – No apetta no no, che dico? Non c’entra niente. Nessuno poteva prevedere… lo so credimi, lo so! Non potevamo farci niente, anche se fossimo stati a casa, l’ictus ti avrebbe colto di sorpresa quel giorno lo stesso, già – la madre la sfiorò anche senza toccarla, ma la sentì nitidamente perché un’unghiata lasciò il segno sul polso.
La porta si riaprì magicamente da sola. Aldilà, nella penombra si intravide la gattina Jiselle sfrecciare con la codina stretta e dritta, poi volatilizzarsi in cucina tra i suoi croccantini di sempre.
C’era questo cielo giallo, con chiazze di bagliore uscire perpendicolare in qua e là, che era al limite tra uno scroscio d’una bomba d’acqua e l’esplodere di un’atomica, o una normale giornata di gennaio, fra brutto tempo e l’accendere la luce artificiale anche se alle ore 16:00.
Magda si accorse che stava facendo tardi al cancello della scuola, allora si apprestò a prendere cappotto, borsa e cellulare, e corse via veloce.
Correva, nel mentre vedeva i bambini delle elementari già tutti immessi per strada, accompagnati dalle variopinte nonne dai capelli rame con striature rosa e turchese, dalle varie babysitter con cinture di D&G e i tatuaggi su tutto il collo alla Club Dogo, con le varie cartelle trascinate con rotelline trolley e gli zaini degli unicorno sulle spalle dei genitori che, sia mai, guai, dovessero portare i loro figli.
Nel frattempo Anjum avanzava davanti affianco al papà. Era venuto a fare una sorpresa prendendola lui all’uscita. Menomale proprio quel giorno in cui la madre aveva fatto tardi, coincidenza.
– Sai amore di papà… dovresti mangiare un po’ di più – disse Lyad stringendole la manina.
– Sì papà, dici? –
– Sei tutt’ossa, mangia un po’ di più –
– Ma la mamma non è brava a cucinare, il riso è una mer… schifo, pensa una volta ha lasciato persino mezza buccia a una patata – disse Anjum. Poi aggiunse:- Sai papà quando ero piccola catturavo le mosche! Le mettevo dentro un bicchiere e le guardavo. Una volta ne misi due, addirittura due ne misi. Poi mamma brontolava perché dovevo mangiare veloce la pastina, schifo non mi ci fare pensare, allora misi vicino il bicchiere con le mosche e le osservavo per mangiare senza annoiarmi! –
– Cosa? Per mangiare meglio, più veloce, dovevi guardare le mosche mentre soffocavano? –
– Ero così eccitata dal fatto di vedere mosche sul vetro del balcone, che correvo a prendere il bicchierino trasparente, ovviamente non doveva mancare il foglio rubato dalla stampante della mamma. Intrappolavo la mosca nel bicchiere e con il foglio chiudevo la sua via di “evasione” ovvero la parte superiore del bicchierino. Ero così orgogliosa, la portavo in cucina, la mettevo sul tavolo, accanto a me, a mangiare con me come due amichette -.



*

La famiglia del Mulino Bianco, in gergo per gli amici la famiglia balocco, non esiste, di solito quelle persone che vogliono far sembrare di essere perfette e sempre compite e sempre sorridenti, di solito sono proprio quelle persone ad esser piene di scheletri nell’armadio, in gergo per gli amici: maniaci del controllo e maniaci-depressivi. Di solito chi è già passato dall’inferno uscendone vittorioso, riesce a tener a bada le persone tossiche, e quando dico persone tossiche non intendo quelle che si drogano con sostanze, di solito con un semplice schioccar delle dita, le persone che hanno già visto l’inferno, riescono a metterli all’angolo, quindi tu, sei un dilettante, bada, un dilettante della tossicità.

22 Marzo 2024

I express my deepest sympathy and condolences to the Russian people, all the Russian people, for the cowardly and disconcerting terrorist attack. I am not pro-politics of anyone, I am pro-human. I respect and empathize with the Russian people who on March 22nd was their September 11th, because after they will never again be able to live as they did a few hours before, knowing what the NATO and US forces were capable of plotting, overlooking the bodies of unaware people! Just like the Palestinian people. May God help you, I can only express my condolences for the most inhumane thing that is happening to you and I distance myself from the US and NATO political forces, they don't say things in my name, they don't speak through what the majority of the people Italian would mean, expressing denial towards them and shouting that I am on your side! (Russian people and Palestinian people)

Una volta tanto tempo fa, vi era una piccola scugnizza, danzatrice su fili elettrici, adesso vi sono solo terre lontane da raggiungere in Porsche Carrera, cappotta scoperchiata, niente stereo alto, niente sigarette nel cruscotto, niente lattine verdi smeraldo dietro a tintinnare, niente ripensamenti.

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Provando tanto, prima o poi riesco anche se tante cose continuo a non capirle